Il mondo accademico e il mondo scientifico che si occupano di suolo si stanno organizzando. Novamont, Politecnico di Torino e Università di Bologna hanno lanciato Re Soil Foundation per promuovere la ricerca scientifica e tecnologica su una bioeconomia sostenibile con al centro il suolo e i territori.
Per alcuni la Novamont è una entità poco conosciuta. Si tratta del centro di ricerca creato nel 1990 all’interno del gruppo Montedison con l’obiettivo di sviluppare prodotti chimici a basso impatto ambientale, utilizzando materie prime di origine agricola da derivare per esempio da mais, grano e patate. Due erano inizialmente le linee di ricerca: il biodiesel e le bioplastiche.
Al momento della crisi della Montedison, Novamont venne acquisita dalla Banca Commerciale Italiana e da investitori privati, tra cui dal 2016 anche l’ENI.
La Fondazione Re Soil si deve all’iniziativa della Dr.ssa Catia Bastioli che da anni segue per Novamont il settore bioplastiche e alla sua recente nomina nella Mission Board sul suolo di “Horizon Europa”, il nuovo programma quadro di ricerca della Commissione Europea.
La fondazione unisce pubblico e privato attraverso un obiettivo comune: attivare la ricerca per la salvaguardia del suolo nel suo ecosistema. L’approccio è olistico e non potrà limitarsi al mondo accademico, ma dovrà mettere insieme amici e avversari del suolo.
Stimolare il mondo accademico e scientifico a fare “massa critica” è un compito più che difficile, e non solo in Italia. I ricercatori molto spesso sono “atomi” che fanno resistenza a collegarsi tra loro. Quelli del suolo non fanno eccezione e rare sono state le iniziative in cui i pedologi hanno parlato con una sola voce. Ricordiamo per esempio la petizione “Proteggiamo il Suolo“, firmata da circa 2000 ricercatori europei che la lanciarono al mondo politico europeo nel novembre 2014. Era già allora un grido del mondo scientifico per attirare l’attenzione sul ritiro della proposta di direttiva europea sul suolo (rimasta inutilmente in discussione per otto anni).
Da allora, oltre al blocco di qualsiasi azione ambientale imposto dalla Commissione Juncker, la stasi ha visto anche il fallimento dell’ICE people4soil con la raccolta di un milione firme per la richiesta di una direttiva europea sul suolo da parte dei cittadini europei.
Ora sembra che per il suolo, nell’Unione europea, il momento sia “politicamente più favorevole”: se ne riconosce la fragilità e l’importanza per la vita in diversi rapporti internazionali; è in atto il dibattito sull’European Green Deal; e c’è la Mission di ricerca su “salute del suolo e alimentazione”.
Quindi, benvenuta la Re Soil Foundation!
Le auguriamo di diventare uno strumento capace di smuovere l’inerzia politica esistente in Italia e in Europa quando ci si deve occupare di suolo.
Contemporaneamente ci auguriamo che non solo saprà indicare le potenzialità tecnico/scientifiche per i necessari cambiamenti a livello sia politico che individuale, ma saprà anche identificare possibili soluzioni da integrare nelle scelte e decisioni politiche a sostegno della sostenibilità dei suoli in Europa.
Auspichiamo infine che includa tra le sue priorità l’arresto di consumo di suolo fertile dovuto all’impermeabilizzazione (soil sealing).
A questo punto ci permettiamo di essere concreti nel ricordare alla Fondazione alcuni punti basilari:
- Nella creazione della nuova direttiva europea coinvolgere tutti gli attori che usano il suolo, dai costruttori, agli agricoltori, agli amministratori, … e non solo i pedologi;
- Avere chiaro che non si può più aspettare il 2030 o il 2050 per concretizzare gli obiettivi dello Sviluppo Sostenibile che si rapportano al suolo: pretendere da subito impegni e rispetto di scadenze;
- Interagire immediatamente col mondo della cultura: non sta ai ricercatori “comunicare” con i vari interlocutori, con i media e col pubblico, bensì vanno coinvolti coloro che per esperienza e mestiere lo sanno fare (fortunatamente in Europa e in Italia ve ne sono disponibili in sempre più gran numero);
- Aderire formalmente all’Iniziativa internazionale 4per1000, colmando così il vuoto che vede l’assenza dell’Italia tra i protagonisti di questa iniziativa;
- Valorizzare ciò che “politicamente” già esiste, senza ricominciare sempre da zero a produrre relazioni fotografiche dell’esistente.
Infine, confidiamo che presto avvenga un incontro, anche informale, tra rappresentanti della Fondazione e del Forum Salviamo il Paesaggio. Sono due entità che ambiscono agli stessi comuni obiettivi.
Ulteriori informazioni sulla Fondazione: https://resoilfoundation.org/