Da anni la situazione di degrado del territorio dovuto all’incuria umana è sotto gli occhi di tutti. Inutili le “grida” di esperti, tecnici, ricercatori, scienziati. Neanche le centinaia di morti, ormai migliaia, riescono a smuovere le nostre coscienze e soprattutto quelle dei nostri responsabili pubblici. Tutto deve essere subordinato al profitto, mentre le “buone azioni” sono lasciate ai volontari e alle loro associazioni. Riteniamo si sia toccato il fondo della mistificazione e della disinformazione.
L’incongruità del comportamento dei politici di conseguenza renderebbe plausibile il comportamento insensato dei singoli. Se un ministro agisce in maniera irresponsabile nei confronti dell’ambiente, perché un assessore dovrebbe essere “più attento”? Allora, viva la creazione di rotonde e svincoli stradali e al diavolo le sistemazioni idrauliche e forestali a protezione del suolo. Smottamenti, frane, inondazioni, incendi, grandinate con chicchi grossi come noci, nubifragi, temperature che raggiungono e sorpassano i 40 gradi (e sempre più spesso i 50), venti che sconquassano… sono considerati “momenti isolati” e non il risultato di una economia e di una incuria non più sopportabili. Attenzione: non più sopportabili non dalla “natura” che sa e saprà sempre come difendersi, bensì da noi esseri umani che soccomberemo alle nostre stesse idiozie.
Questa sezione del Bollettino – finora riservata a cercare esperienze, esempi positivi da studiare, adattare, copiare – d’ora in poi si chiamerà “Indigniamoci !” e denuncerà ciò che non va con esempi concreti.
Iniziamo subito dal caso di Edoardo Tranquilli.
Edoardo è un giovane agricoltore e apicoltore di Roma città, uno dei pochi rimasti. Perpetua questo lavoro agricolo, cominciato e continuato da 6 generazioni, malgrado gli consenta solo una fonte modesta di reddito.
Circa 10 anni fa, per costruire viale Enzo Ferrari, gli viene espropriato un pezzo del suo terreno. Fin qui tutto bene: serviva per pubblica utilità, quindi per il bene di tutta la collettività. Il progetto aveva un importante promotore, un grosso imprenditore di zona che rapidamente ottenne importanti compensazioni. La strada venne fatta e il racconto si potrebbe chiudere qui con la soddisfazione di tutti.
Purtroppo non è così: lo stato dei luoghi non venne mai correttamente ripristinato e il terreno fu lasciato in condizioni pietose, pieno di avvallamenti, buche, resti di cantiere, senza recinzioni, aperto alle intrusioni di chiunque. Da ben 10 anni il nostro apicoltore è esposto a furti, deposito di immondizie e rifiuti d’ogni genere. Sono quindi 10 anni che, oltre a combattere cementificazione e speculazione, Edoardo deve combattere anche con sicurezza e degrado… costretto per di più a raccogliere “monnezza non sua” quotidianamente, senza intravedere vie di uscita. Ora è arrivato allo stremo: ha verificato che il suo terreno sta cominciando anche ad inquinarsi. A questo punto necessita d’urgenza l’intervento pubblico per una bonifica vera e propria e una messa in sicurezza dei luoghi, cosa che avrebbe dovuto essere stata effettuata ancor prima dell’inaugurazione della strada…
Questo esempio è sintomatico della grave carenza concettuale insita nell’esecuzione delle opere cosiddette di pubblica utilità. In assoluto il territorio è un bene che va protetto e messo in sicurezza. Non possiamo lasciare la sua protezione e la sua conservazione sulle spalle dei più deboli, come i singoli agricoltori. Non possiamo neanche “sperare” che siano i responsabili politici o amministrativi a modificare lo stato comatoso in cui versa il territorio. Tocca a noi indignarci e attivarci. Solo se lo facciamo per “piccoli problemi” come l’esempio qui riportato, potremo affrontare anche quelli macroscopici tipo il Ponte Morandi, le frane, le inondazioni, gli smottamenti che ormai avvengono con ritmo costante e non solo in Italia.