Siamo nel bel mezzo della Presidenza francese dell’Unione Europea. Semestre non semplice, oltre che per la pandemia anche per i venti di guerra per la situazione in Ucraina. Poche persone perciò seguono gli sforzi del ministro francese dell’agricoltura e la sua azione per creare delle norme per la cattura del carbonio nei suoli.
Secondo il ministro, l’UE non può delegare ad altri la propria sovranità alimentare; ma, oltre a “nutrire”, l’agricoltura nell’Unione deve agire per una transizione agroecologica. Ciò implica delle norme reciproche che assicurino un adeguamento delle differenti politiche agricole. Tali norme standard europee permetterebbero la produzione e il commercio dei prodotti agricoli a livello internazionale per salvaguardare le dimensioni sia ambientale che sociale. Importare prodotti agroalimentari la cui produzione non corrisponde agli standard europei sarebbe “una sciocchezza in termini di sovranità e ambiente”.
Inoltre, l’agricoltura europea deve essere orientata a trattenere e aumentare il carbonio nei suoli onde ridurre l’impatto del cambiamento climatico. Gli agricoltori europei assumono allora un nuovo ruolo come “soldati del clima” e vanno accompagnati in modo da riconciliare “la creazione del valore ambientale con la creazione del valore economico”.
Fin qui … “parole sante”, che sintetizzano il dibattito informale tra i 27 ministri europei dell’agricoltura che si è tenuto a Strasburgo il 7 e 8 febbraio. Le proposte del ministro sono state considerate positivamente all’unanimità ed il Commissario europeo all’agricoltura ha riconosciuto: “È raro che una proposta della Commissione ed una della Presidenza ricevano tale forte sostegno da tutti gli Stati Membri”. Ma la riunione ha messo anche in luce questioni tecniche delicate ancora da risolvere.
Purtroppo le proposte del ministro francese si scontrano con la cacofonia delle diverse posizioni degli Stati membri dell’UE. Solo alla fine dell’anno, con la proposta che verrà presentata dalla Commissione, si potrà verificare se le parole saranno state tradotte in azioni concretizzabili.
Infatti, l’esperienza dimostra che alle posizioni unanimi dei 27 partner, seguono poi sempre vie discordi e contraddittorie. Basti pensare a come si prevede una riconversione della Politica Agricola Comune con, da una parte i ministri tedeschi che chiedono la fine dei versamenti diretti e l’aumento della produzione biologica, mentre dall’altra alcuni Stati membri insistono per il mantenimento di pesticidi come il glifosato. Ironia della sorte, di quest’ultimo gruppo assieme all’Ungheria, all’Olanda, alla Svezia fa parte … la Francia! Non è un caso che il 10 gennaio scorso 5 ONG francesi abbiano denunciato lo Stato francese per “mancanza alle obbligazioni di protezione della biodiversità e per aver rinnovato l’autorizzazione di pesticidi controversi”. Della serie “Fate quello che il prete dice, non quello che il prete fa”.